giovedì 26 luglio 2012

I nostri nonni han viaggiato più di noi

O almeno, per me è così, me ne sono resa conto l'altro giorno, mentre mia madre riordinava le vecchie foto di famiglia. Mi è capitato tra le mani un documento dell'esercito con i dati del mio nonno materno Beniamino, dal quale ho scoperto diverse cose che ignoravo, ad esempio:
  • mio nonno aveva partecipato alla guerra d'Etiopia, si era imbarcato a Napoli ed era sbarcato a Massaua nel 1936, ed era rientrato l'anno seguente;
  • durante la seconda guerra mondiale combatté in Yugoslavia, guadagnandosi una croce al merito;
  • sbandato dopo l'8 settembre 1943, fece ritorno al paese
  • (qui mi affido a vaghi ricordi familiari) gli dissero che i tedeschi lo cercavano, si nascose in mezzo al granoturco ma non riuscì a sfuggire all'arresto; fu deportato in Germania da dove fece rientro non si sa bene quando.
L'altro mio nonno, Aquilino, era stato a lavorare in Camerun come muratore. Una mia bisnonna dal lato paterno conosceva le chiese di Roma come le sue tasche, perché era stata a servizio da giovane presso una famiglia romana. 

Provo a immaginarmi come deve essere stato per loro andare così lontano dai loro paesi: non sapevano le lingue, avevano al massimo la terza elementare, non avevano il telefono, potevano scrivere solo qualche lettera a casa.

Mi colpisce il fatto che io sono venuta a saperlo molto tempo dopo la loro scomparsa, perché loro non ne parlavano mai, non se ne vantavano, non avevano diapositive da mostrare, come facciamo noi con le foto delle vacanze. Eppure sono partiti e sono tornati. Per questo dico che han viaggiato più di me, perché alla distanza geografica si aggiungeva quella linguistica e culturale, se ci penso io in confronto a loro mi sento solo una turista.

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