martedì 25 dicembre 2012

Buon Natale


Buon Natale a quelli che, dopo il cenone o il pranzo di Natale, lavano i piatti e anche le pentole.
Buon Natale a quelli che cantano i canti di Natale, e dopo si fermano a raccogliere gli spartiti e a riavvolgere i cavi degli strumenti.
Buon Natale a quelli che preparano il vin brulè e affettano il panettone per la bicchierata, e anche a quelli che raccolgono i bicchieri vuoti e puliscono le uvette calpestate sul pavimento.
Buon Natale a chi non ha paura di rendersi ridicolo, e si mette un costume rosso e un cuscino sulla pancia per far sorridere i bambini.
Buon Natale soprattutto a chi non ha nessuno vicino a cui augurare buon Natale.

giovedì 20 settembre 2012

Primavera fuori stagione

Questa lunga estate calda e secca ha favorito il proliferare del bruco americano - per gli scienziati Hyphantria cunea - un parassita che fa il nido sui rami degli alberi e poi li defoglia completamente. Qui in Friuli ad esempio in mezzo ai campi ci sono ancora bellissime file di gelsi, che una volta si piantavano per allevare il baco da seta, e che negli ultimi tempi erano rimasti del tutto senza foglie.
In questi giorni, per uno strano prodigio silenzioso, li ho visti coprirsi nuovamente di foglioline verde lucido, come una piccola primavera fuori stagione.
In questo particolare momento della mia vita sto riorganizzando le idee per passare a una nuova fase (spero di frequentare un bellissimo corso a Udine) e anche io in queste giornate di sole mi sento un po' come quegli alberi, con i miei progetti, le piantine nuove che ho messo sul terrazzo: non è mai tardi per festeggiare la primavera.

mercoledì 22 agosto 2012

Proverbiale - i racconti di catalogo nuvole (3)

La cavia Livia era appena scappata dal laboratorio, dove tutta la sua famiglia (se calcoliamo anche il secondo e terzo grado di parentela, millecinquencento esemplari) stava morendo per non far lacrimare i bambini quando useranno lo shampoo, che s'imbatte in una stranissima comitiva.
Tutti stavano correndo e tutti si trattenevano dal ridere: Gina la gallina rossa, Sandro il topo di campagna che gli stava sulla schiena (a Gina la gallina), e davanti Ettore il criceto impavido, impavido perché stitico e Scottie, lo scoiattolo che usava le ghiande come palle da basket. 
Ma dove stavano andando? E perché ridevano tutti? 
Livia, anche per non rimanere più sol.a, si mise a correre pure lei e quando furono vicini, si presentò e chiese spiegazioni.
 "Ma come? - mmpf! - pelosina mia, non vedi? gli esperimenti in laboratorio t'han reso - uhmrrr! - cieca? disse Ettore che, proprio perché stitico, continuava a spingere per liberarsi l'intestino.   
"Già, bella morbidona. Non vedi là davanti? quelle ombre che si muovono, più o meno alla distanza di un tiro da tre punti!" aggiunse Scottie, e mentre lo diceva s'alzava sulla coda e con le zampette mimava un tiro a canestro. 
"Ehi, cittadini! Non offendete! La qui presente signorina, come me, c'ha più fiuto che vista. Normale che non sappia cosa stiamo facendo. Venga qui sopra e le sarà tutto più chiaro." disse il topo Sandro accennando un mezzo inchino da sopra il collo della gallina.
"No grazie, soffro di vertigini... Oh, insomma! Mi dite dove stiamo andando? e cosa c'è da ridere?" disse un po' risentita la cavia Livia.
"Ssst picciridda mia! U vicinu è sirpenti: s'un ti viri ti senti." chiocciò la gallina a mezza voce.
"Cosa? Cose g'ha deto?" chiese allora a bassa voce Livia.
"Il vicino è come il serpente: se anche non riesce a vederti, ti sente. È un detto popolare, mia giovine donzelletta. Significa che non dobbiamo far troppo rumore altrimenti ci sentono."
"Ma chi ghe sente?"
Il gruppo rallentò, si poteva sentire un leggero scrosciare d'acqua, poco distante.
"- mmmfr- Loro!" disse Ettore spostando un piscialetto e facendo cenno a Livia di venire a vedere.
Livia, ormai più curiosa di una scimmia, anche se le scimmie in laboratorio non gli eran sembrate poi così curiose, dopo aver scoperto il taschino con le sigarette del tecnico-carnefice, si avvicinò al criceto e s'alzo sulle zampe posteriori.
Vicino al ruscello, tra i sassi piatti e l'acqua trasparente, c'era una biscia vicinissima a una rana bue, che le dava le spalle. Livia stava per dare l'allarme quando la zampa di Ettore le bloccò il muso e soffiò nell'orecchio: "Ferma! - umgrr - sta a guardare..."
La biscia era vicinissima. Come un lampo balzò sulla preda. Aprì la bocca e atterrò sulla schiena della rana. Che non si mosse nemmeno. La biscia cercava con tutte le forze di aprire ancora di più le fauci per inghiottire la rana, ma non ci riusciva. Provava e riprovava. Si spostava e ripartiva. Ma sembrava tutto inutile. Intanto l'allegra brigata cercava di non sbellicarsi dal ridere.
Dopo un po' la rana bue, con l'occhio di chi è stanco di 'ste cose, gracida un bel: "E lassame in pace, o quant'èvvero che me chiamo Fabbio, te magno io come spuntino de mezzoggiorno!" 
La biscia, Patrizia, se avesse avuto le orecchie le avrebbe ripiegate come i cani bastonati.
La comitiva di spioni esplose in un rombo di risate sguaiate. Anche Livia non riuscì a trattenersi, e rise fino alle lacrime. Non la smettevano più.
Poi Gina gallina zittì tutti e disse: "Amunì picciotti! Direi che avete capito la lezione: L'occhi capano chiù assai dà panza. Quindi state sempre attenti a ciò che desiderate."
Il topo Sandro, cercando il fiato tra una risata e l'altra, le rispose:"Sì, però in questo caso non è vero che l'assicutaturi avi du peri, l'assicutatu n'avi quattru.*"
E tutti insieme scoppiarono in una nuova risata prima di correre via, di nuovo in mezzo al bosco.

* l'inseguitore ha due piedi, l'inseguito quattro. ovvero la paura fa andare più veloci.


Qui m'è sembrato di vederli tutti di corsa: Ettore, Fabio, Patrizia, Gina, Lindo, Scottie e Livia.


venerdì 17 agosto 2012

La notte di Barbi-Gi-Chang - i racconti di catalogo nuvole (2)


Rasum Barbi-Gi-Chang è da decenni il custode del tempio di Confucio a Qufu. Profilo piatto, mascella quadrata, testa calva, faccia glabra e impassibile, da decenni comanda con la sola forza di uno sguardo o di una sillaba le schiere di incaricati alla pulizia delle quattrocentosessanta stanze del tempio. Barbi-Gi-Chang non sposta più niente, non muove i tatami, non tocca nemmeno più i papiri dove venivano registrati tutti i notabili e gli imperatori venuti a rendere omaggio al grande maestro. Le sue braccia sono sempre conserte, le mani infilate nelle maniche della tunica. Anche in caso di emergenza o pericolo, come la caduta di un vaso o l'intrusione di ladri a caccia di reliquie, i calci sono l'unico, e sempre efficace, rimedio.

Barbi-Gi-Chang non è sempre stato così. Durante i primi anni di apprendistato non c'era custode più appassionato e zelante di lui. Di ognuna delle quattrocentosessanta stanze conosceva a memoria storia, composizione, problematiche, temperature stagionali e funzione dalla creazione ad oggi. Di ogni mobile conosceva l'esatta combinazione di acqua, olio o sapone per poter cancellare i secoli e riportarlo allo splendore originale. Lavorava tantissimo, dormiva pochissimo e con molta difficoltà lasciava agli altri compiti anche banali. Non aveva una vita privata, non aveva legami. Tutto il suo mondo era in quelle stanze. A chi gli domandava se aveva moglie o figli o genitori rispondeva: "Il mio cuore viene riscaldato dall'affetto del maestro, i consigli che potrebbero darmi i miei cari me li offre Confucio, di chi altri potrei aver bisogno, quando ho il meglio?". Per non parlare della sua vita sessuale. C'era chi sosteneva che fosse ancora vergine all'inizio dell'apprendistato e sicuramente da quando è entrato al Tempio, la sua vita è diventata più casta di quella di un monaco. Certo, non mancava di gettare sguardi prolungati sulle forme di alcune servette intente a strofinare tavolini o spolverare candelabri ma al solo accorgersene arrossiva, usciva dalla stanza e raddoppiava la lena nel pulire la stanza successiva. Sosteneva che solo col suo esempio gli altri avrebbero compreso e accettato la sua autorevolezza. Così quando anche loro si fossero comportati un minimo come lui il Tempio sarebbe stato il posto più bello di tutta la Cina e di conseguenza, secondo la logica stringente di Barbi-Gi-Chang (e di miliardi di cinesi), del mondo. Solo di un'altra cosa era fiero, quasi - i maligni dicono di più -, di come portava avanti la gestione del Tempio: i suoi baffi.
I baffi di Barbi-Gi-Chang erano gli stessi da quando era nato. Mai tagliati, ritoccati o accorciati: lunghissimi. Come i capelli di una donna, erano lucidi, forti, neri con riflessi naturali bluastri. E quando parlava non cessava un momento di lisciarli e coccolarli. Anche quando meditava. Anche quando pensava a cosa doveva fare. Anche mentre era sulla tazza del bagno - sempre secondo i maligni.

Poi una notte che non riusciva ad addormentarsi, prendendo un papiro dalla biblioteca privata del Maestro, il custode vide sgusciare fuori dal fondo del rotolo un foglio rattrappito e spiegazzato. Lo raccolse da terra, maledicendo il bibliotecario Sa-Pu-Teng, lavativo e raccomandato, poi lo aprì. Era una mappa del tempio.Una mappa risalente al regno di Yangdi (605-617), epoca a cui risale il lavoro di ampliamento da casa del gran maestro a Tempio. Un particolare stupì il nostro alacre custode. La mappa indicava con precisione che le vere stanze, ne contava tre, dove effettivamente visse il maestro, sono state abbattute per fare spazio al progetto voluto dall'imperatore. Quindi Barbi-Gi-Chang stava sorvegliando e tutelando la volontà degli imperatori, non del suo grande padre spirituale. Sconvolto, i baffi in preda a scariche di elettricità statica, cercò a chi chiedere consiglio, a chi confessare questa novità, ma non c'era nessuno, né ci sarebbe mai stato nessuno a cui chiedere di cui si sarebbe fidato. Un lampo, un'intuizione. Se lui, così devoto al maestro, si fosse recato a meditare fuori dal palazzo, nello stesso punto dove la mappa indicava la vera casa, forse il Maestro gli avrebbe parlato. Inquieto ma disposto a tutto pur di risolvere il proprio dilemma, il custode uscì dalle mura di cinta del tempio.

Era da quando aveva tredici anni che non vedeva il buio fuori dal Tempio. Una brezza lieve sembrava spingerlo avanti mentre la luna, alta e piena, guidava i suoi passi. Per un attimo l'idea che non ci fosse niente a proteggerlo dalla superficie piatta lo fece rabbrividire. Subito pensò alla grande muraglia e riuscì a scacciare questo piccolo attacco di agorafobia. Svoltato l'angolo a sinistra e percorsi alcuni passi, stando alla mappa si sarebbe ritrovato nella sala d'ingresso del suo grande nume tutelare. Un prato rasato corto e un Gingko Biloba con le sue foglioline verdi e gialle, piccoli ventagli che salutano la rugiada, sono ora i nuovi abitanti delle stanze del Grande Saggio. Il custode si avvicina al Gingko, ne accarezza alcune foglie, con gentilezza le stacca e se le mette in bocca. Mastica mentre continua a lisciarsi i baffi. Incrocia le gambe e si siede. Comincia un esercizio di meditazione ma proprio non riesce a seguirlo. La mente torna sempre alla scoperta della sera: "Perché non hanno scelto di tenere la casa come cuore del palazzo? Creare il tempio fuori dalla sua casa, costruendolo accanto non è forse falsarne la memoria? E io, cosa devo fare adesso? Devo farlo sapere? Devo dirlo a qualcuno? A chi?". La sua mente non era mai stata così confusa mentre i suoi baffi, ormai unti dalle mani sudate, mai così lucidi.

All'improvviso, senza rumore, il Grande Maestro gli comparve davanti, circondato da una luce forte bianca.
Il custode, allibito, cercò di rivolgergli la parola:
- Grande Maestro, quanto siete...luminoso!
Il Grande Maestro sorrise e senza muovere la bocca si udirono queste parole:
 - Le stelle sono buchi nel cielo da cui filtra la luce dell'infinito.
- Grande maestro che tutto vegli e tutto sai, sono Barbi-Gi-Chang, il suo umile servitore e fedele custode in questi tempi di disgrazia e oblio. Sono giunto qui, nei luoghi dove, O Grande Maestro, avete passato la vostra esistenza terrena e mi chiedo cosa fare ora che so che la sua vera dimora è fuori da questo Tempio.
 - Non voglio aver nulla a che vedere con chi non si chiede: come fare, come fare? ma Sapere ciò che è giusto e non farlo è la peggiore vigliaccheria.
Il custode sbiancò: - Ma, la vostra casa, è qui, fuori dal Tempio e io cosa posso farci Maestro!
- Non v'ha dubbio che i discendenti non facciano all'occorrenza ciò che avran veduto fare da quelli che li avranno preceduti. Gli onori che renderete a coloro cui succedeste sopra la terra, vi saranno resi da quelli che succederanno a voi. 
- Ma che succede se gli altri lo vengono a scoprire?
- Non è grave se gli uomini non ti conoscono, è grave se tu non li conosci. 
- Voi, Maestro mio, purtroppo non li conoscete, di questa cosa faranno un putiferio...
- L'uomo superbo si pone sopra gli altri, e crede che gli si debba ogni cosa; gli altri, per lo contrario, lo mettono nell'ultimo grado, né gli concedono nulla. E anche ora vedo che non esiste davvero un uomo che vedendo i propri errori ne sappia dare colpa a se stesso.
- No Maestro, ma cosa dite, io stavo solo cercando di aiutarvi...
- Aiutarmi lasciando vuota e incustodita la mia vera casa? Tu non stai facendo il mio bene, tu stai seguendo la tua vanità e la tua arroganza. Quante volte dal tuo cuore ho sentito la superbia errare come il drago nelle strade addobbate a festa. E ora arrivi perfino a dimenticare il giuramento che hai fatto a me e a tutti noi, che viviamo oltre il vostro mondo. Vattene! Torna dentro le mura e non toccare più niente, farò in modo che tu non possa più uscire dal Tempio.
Così dicendo il Grande Maestro prese a brillare sempre più intensamente. Barbi-Gi-Chang non riusciva più a scorgerlo da dentro quel bagliore. La luce divenne così forte che dovette ripararsi il viso con le mani. Il bianco era ovunque. Con le mani il custode premeva sempre più forte sugli occhi, spaventato dall'idea di poter perdere la vista. Per un attimo sentì un soffio sul viso passargli attraverso le mani. Poi la luce prese a diminuire. Ci vollero parecchi minuti prima che gli occhi di Barbi-Gi-Chang riprendessero a vedere qualcosa. Intanto, a memoria, anche se con molta cautela, era riuscito a rientrare al Tempio. Il percorso era brevissimo e altre ramanzine ultraterrene non ne voleva più.

In fretta tornò nel suo alloggio, sperando di non esser visto da nessuno. Al riparo, da solo, cercò di ragionare su quale fosse stato il suo sbaglio e allungò indice e pollice divaricati verso la zona tra naso e labbro superiore, sede dei suoi amati baffi. Che non c'erano più. Eppure un rumore di peli e di strofinio era stato avvertito ma non dove doveva essere. Ritoccò il viso. Liscio come un bambino. Strinse le mani e rabbrividì. Con un calcio accese l'interruttore della stanza. Si diresse con le palme delle mani rivolte verso lo specchio. Eccoli i suoi baffi meravigliosi. Dove sarebbero sempre stati. Attaccati a quelle mani che mai nessuno potrà mai più vedere.    

Dicono che Barbi-Gi-Chang ORA attenda le notti di luna piena per uscire dal tempio e andare a caccia e sculacciare con i suoi baffi-frusta le giovani pienotte e procaci del paese, colpevoli a suo dire, di essere delle viziose poiché "Parlare lungo la via di quanto si è udito per strada significa gettare la virtù."  - ma questa, forse, è un'altra storia.




Qui ho visto per la prima volta il profilo di Barbi-Gi-Chang e i suoi baffi volanti. 


mercoledì 15 agosto 2012

Catalogo delle nuvole - August 15, 2012



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Catalogo delle nuvole - August 15, 2012



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Tre Animali - i racconti di catalogo nuvole (1)

- Uff! Parcheggiare davanti a Gucci in via Montenapoleone, è più facile di trovare un buco in questa zona. Dammi una mano Linda con queste borse. Ah, Io prendo un Bellini, grazie.
- Io invece un altro Negroni sbagliato. Grazie per aver accettato questo caffè, Flavia, avevo proprio bisogno di parlarti...
- Figurati gioia cara, è sempre un piacere. Certo ho dovuto uscire di fretta da pilates e rimandare la riunione del Rotary. Per fortuna che Sophie è in villeggiatura, altrimenti non saremmo riuscite a dire una parola, sta attraversando la fase del no. Noi tutti a chiederci cos'avesse, perché abbaiasse così a tutti, è bastata una visita dallo psicologo Rambaldi e già adesso mi chiamano dall'hotel e dicono che sta quasi smettendo di fare pipì sulla moquette, solo due volte al giorno. Ma tornando a noi, aggiornami, informami, cosa succede. Lo dico sempre: un'amica bisognosa è più importante dei saldi di Max Mara, ahahah...
- Scusa l'orario ma è da un po' che non riesco a fare degli orari decenti. Ormai vivo di notte e dormo sfinita di giorno. Per fortuna col mio mestiere posso fare tutto in autonomia e nessuno ha avuto da ridire, con quel che sto passando... Fausto mi tradiva, Flavia... tu lo sapevi?
- Sì, me l'hanno detto. Io però cara te l'avevo detto che uno così, era buono solo per... per i massaggi approfonditi, e basta. Troppo ingenuo, senza la sana cattiveria che gli uomini devono avere per arrivare al successo. Okey okey, te lo concedo: un bel faccino, sportivo - va ancora in palestra no? certo, con quel lato b che si ritrova eheh - simpatico, divertente ma terribilmente instabile. E poi spiantato, senza soldi, senza niente, nemmeno di famiglia. Andiamo, un uomo così cosa te lo tieni a fare?
- Era, no, è di una dolcezza infinita... continua a scusarsi dalla mattina alla sera, dice che non gli era mai capitato, che lui non è un tipo così...
- See, dicono tutti così, poi volti l'angolo e vanno con la prima che passa, o con una amica... per dire eh?
- ... Sai, due settimane fa ho cominciato a pedinarlo, per vedere dove andava, per vedere se era vero...io ancora ci son momenti che non riesco a crederlo.
- Davvero? e hai scoperto qualcosa? Scusa se te lo chiedo ma che belle unghie hai, e quanto sono lunghe! fatto la ricostruzione? Sei stata da Piero qui dietro?
- No, tutto naturale, e ho deciso di tenerle un po' lunghe, tanto per ricordarmi che anche io so difendermi.
- Brava tigrotta, in momenti come questi essere un po' sauvage aiuta, lo dice anche Crepet.
- Ho visto la macchina su cui è salito,una spider verde decappottabile, ma lei era troppo in incognito: occhialoni, cappello a tesa larga, scialle rosso. Sembrava una scena da film italiano anni '60. Ricordo che per un attimo ho pregato che fosse tutta una recita.
- Ma tu...hai preso la targa? grazie caro
- Grazie, no Flavia lascia, ci penso io, ti sei incomodata così tanto, mi sembra il minimo No. Ero persa dietro alla loro scia e in testa avevo mille pensieri.
- Che peccato cocchina! avrei potuto aiutarti. Il mio Giangi ha gli agganci giusti e con un paio di telefonate al maresciallo, potevi sapere anche se la malandrina andava bene a ginnastica alle elementari ahahah!
- Si sono diretti sulle colline, quassù. Se ci penso mi viene quasi da ridere. Due quarantenni e passa, lei forse anche cinquanta, che vanno in camporella. Lui che quando gli ho proposto di andare su un'isola deserta della Grecia, quella che ci son stati l'anno scorso Simona e Guido, mi ha detto: "Amore mio, se è deserta non ci saranno hotel e io ho giurato, quando sono uscito dai boyscout, di non toccare più una tenda, neanche per scherzo." "Ma ci sono i bungalow!" "Infatti, terra battuta come pavimento. Polvere a non finire. Io che c'ho avuto pure l'asma." "Ma se sei guarito trent'anni fa! "Sì, ma potrebbe sempre tornare. Se possibile i bungalow sono quasi peggio delle tende." Lui che però a tennis ci va ancora due volte alla settimana... Che testone...
- Bada che non è una brutta cosa che sia andata con una più vecchia di te. Anzi, dovresti esserne fiera, non è stato banale, non è andato con una di queste sciacquette di vent'anni, tutte tanga e push up. Ma stiamo divagando, Eva Kant, com'è finita la missione?
- Mi sono tenuta a distanza. Avevo paura che mi scoprissero e non sapevo nemmeno cosa avrei potuto dire se me li fossi trovati di fronte, colti in flagrante, come si dice. Ero senza parole. Letteralmente. E avevo paura di scoprire la verità. Allora ho lasciato ancora più strada tra le macchine, tanto stavamo uscendo dalla città, per strada non c'era quasi nessuno, pensavo che li avrei scovati ovunque, e invece...
- Invece li hai persi?
- Sì, gli avevo lasciato un tornante di vantaggio e a una svolta, puff! svaniti nel nulla. Solo il rettilineo. Sono andata avanti a verificare ma non era possibile che avessero accelerato così di colpo. Son tornata indietro e ho subito cominciato a guardare se c'erano stradine, cottage, a valle o a monte. Ne ho trovata una e l'ho presa, così, a caso.
- Ma non avevi paura?
- Certo! Una paura pazzesca. Ma ormai volevo sapere, volevo essere sicura di tutto. Non volevo darmi tregua, se non scoprivo la verità, avrei cominciato a costruire giustificazioni sempre più improbabili, e alla fine...
- Avresti preso per oro colato qualsiasi panzana t'avrebbe rifilato. Quindi?
- Ho trovato uno slargo, c'ho messo la macchina. Ho preso la torcia per le emergenze che Fausto, in piena sindrome MacGyver, mi ha sempre detto di portarmi dietro. Per una volta poteva tornarmi utile...
- Dio, come hai fatto? Io sarei morta...
- Ho cercato di seguire delle luci, piccole, che mi sembrava di aver visto in lontananza, nel folto del bosco. Ripensandoci dovevano essere i riflessi della mia torcia, perché non ho visto persone quella sera.
- Ah, quindi non li hai ritrovati? Capita, cara Watson. Ti sei fatta un giretto a funghi e sei tornata a casa, al caldo.
- No, ho cominciato a salire il costone. M'era venuta l'idea che se avessi trovato un punto panoramico, un punto aperto, li avrei individuati. Finalmente arrivo in una radura. La luna non era piena, come stasera, e le nuvole in cielo coprivano tutto. Ai rumori del bosco io non c'ero abituata, mai stata una montanara ed è incredibile quanti rumori si sentono dentro un bosco. Come in città, solo un po' diversi, e forse è quello che ti spaventa un po'. Ma un suono, molto più diverso degli altri, più basso e profondo degli altri, spuntava dal lato opposto di dov'ero io. E son strane le parole in certi momenti, prima ancora di sapere, di comprendere, la parola per descrivere cosa stai captando, ti arriva già, subito: questo è un bramito. Potevo vedere una sagoma grossa e bassa muoversi sull'erba alta. Un orso.
- Ossignore!
- Ho spento subito la torcia. Ho trattenuto il respiro per cinque secondi, con gli occhi piantati sul bordo della radura. Poi ho guardato verso la cima, gli alberi erano più fitti, più vicini e bassi, forse non sarebbe riuscito a inseguirmi. Sono scattata, pregando di non inciampare come nei peggiori film horror.
- Uhhh! Amica mia, tu sei matta! e sei una matta fortunata se sei ancora qui a raccontarmelo.
- Col cuore in gola m'infilo tra sottobosco e rami bassi che mi graffiano in faccia e sulle mani. Non solo l'ho seminato, credo che non abbia nemmeno cercato di seguirmi. Continuo a salire, il bosco si dirada, le piante diventano sempre più basse mentre cerco di ricordarmi dove ho parcheggiato e che giro fare per evitare l'orso. Tutto questo spavento ha i suoi lati positivi: ho smesso di pensare a Fausto e alla sua amichetta.
- Scusate signore, noi stiamo chiudendo. No no, non disturbatevi, vi chiedo solo la cortesia di lasciarci i bicchiere sotto quella sedia là, vicino all'ingresso, quando avete finito. Grazie mille. Buona serata.
- Carino 'sto posto e anche 'sto cameriere, oltre che gentile, ma continua su, dai, com'è andata a finire? c'ho ancora la pelle d'oca...
- Corro ancora, finché arrivo vicino a una parete di roccia e mi ci appoggio di schiena. Sento muoversi qualcosa vicino a me. Penso subito alle vipere, al veleno, a una morte orribile al freddo, sola, lontana da tutti. Accendo la torcia e invece vedo un cucciolo di capriolo. Pelo a sbuffi, un musetto nero, le zampe sbilenche come quelle di un piccolo sgabello pieghevole. E due occhi neri grossi così con dentro due palline gialle, il giallo della mia torcia. Trattengo il fiato. Anche lui. Con molta calma, muovo mezzo passo. Lui resta immobile. Muovo l'altro piede. Nessuna reazione. Le biglie gialle negli occhi diventano più grandi. Sto per avanzare ancora ma allo stesso tempo alzo la mano sinistra per prepararmi a toccarlo. Il cucciolo scatta, mi viene incontro e a un metro da me si scansa e mi sorpassa. Faccio in tempo a girare la luce e a vedere la macchia bianca del suo didietro. D'istinto, lo inseguo, vorrei rassicurarlo, fargli capire che non ha nulla da temere da me. E non voglio più restare sola, qui, sperduta. Il costone di roccia ha un buco, una caverna. Bambi dev'essere finito qui dentro. Non so come, ma inizio a pensare che potrei adottarlo, che sicuramente lui è un orfanello, come Bambi appunto, e che potrei essere una buona madre per lui, io che ho sterminato per sbadataggine cocorite, tartarughine, pesci rossi, pulcini e ogni piccolo essere vivente mi chiedessero di badare, anche solo durante le vacanze dei legittimi proprietari.
- Uhm, pensare stavo quasi per affidarti Sophie quest'estate... fammi vedere l'ora. Uh cara, comincia ad essere tardino...dura ancora molto questa puntata di National Geographic?
- No no, adesso arriva la sorpresa.
- Speriamo...
- Entro nella grotta. Che non credevo neanche ci fossero le grotte qui sulle nostre montagne. Ma non credevo nemmeno ci fossero gli orsi...
- Se è per questo nemmeno io, brr...
- E dentro alla grotta ci ho trovato... No, non ci crederai, è inutile...
- Nooo! dimmelo, dai, muoio dalla curiosità.  
- Non mi crederai mai ma fa lo stesso. In quella grotta, quella notte, ho trovato: una pantera.
- Stai scherzando vero?
- Giuro, uguale uguale a quelle che ho visto nel safari in Africa. Era una femmina, bellissima. Non chiedermi come lo sapevo, l'ho intuito dalla forma della testa.
- E sei scappata.
- No. Sono rimasta impietrita. Puoi immaginare.
- E lei?
- Lei si è alzata sulle zampe. La luce della torcia non sembrava darle fastidio. Mi è venuta incontro e intanto faceva dei versi che in un gatto chiameremmo miagolii, ma lei era quasi un quintale quindi faceva un suono, che anche se sembrava dolce, era comunque inquietante.
- Inquietante? Inquietante è davvero un eufemismo. Ma come fai a essere ancora viva?
- Da due settimane me lo chiedo ogni giorno, anche se ormai vivo più di notte che di giorno, come ti ho detto. Mi ha leccato la mano, due, tre volte. Allora l'ho accarezzata, pianissimo, sulla testa, cioè, l'ho sfiorata. Poi, sempre con molta calma, mi sono voltata verso l'uscita. A ogni passo pensavo che mi avrebbe ucciso, che avrei sentito il suo morso e le sue unghie alle gambe, alla gola, sul mio ventre. Nessun rumore alle mie spalle. Non potevo vedere al buio ma immaginavo la pantera ferma esattamente dove l'avevo lasciata, immobile, come quelle brutte statue ai lati dei cancelli. A ogni passo pensavo a un motivo in più per non morire, a un motivo perché la pantera mi stava lasciando in vita. Scendendo la montagna ho cominciato a fare una lista. Quando ho ritrovato la macchina ho tirato fuori i fogli della constatazione amichevole e ho cominciato a scriverci sopra. Sono arrivata a casa, ho staccato il telefono, lasciato un messaggio inequivocabile fuori dalla porta per Fausto, ho messo le chiavi nella toppa così che non potesse più rientrare e sono crollata sul letto matrimoniale. Ho dormito fino a sera. Poi ho cominciato a mettere in atto la mia lista.
- Brava! Anche Crepet dice di farsi sempre una lista di cosa vuoi cambiare nella tua vita. Certo che avventura! Posso vedere la lista?
- No, non ce l'ho con me e poi ce l'ho stampata in testa
- E a che punto sei arrivata?
- Oh... sono solo all'inizio. Il primo punto era escludere Fausto dalla mia vita. Il secondo scoprire con chi mi tradiva. Il terzo era pareggiare i conti. Ed è quello che sto per fare.
- Con chi?
- Con te.


 I racconti di catalogo nuvole spuntano nella testa dopo aver visto le foto di Astrid.
Riuscite a vedere il cucciolo di capriolo e la donna? 

 

sabato 11 agosto 2012

L'ospite d'estate

Quest'estate il blog non solo non va in vacanza, ma avrà anche un blogger ospite, Carlo Dulinizo (alias Luca Zirondoli) da Correggio, proiezionista, fondatore del blog Barabba e autore di un ebook che vi consiglio per diversi motivi, uno è perché è bello, un altro è perché è gratis: Pensieri in apnea. Gli ho lasciato le chiavi del blog sotto lo zerbino, non so ancora cosa farà. Stay tuned.

Strumenti per vedere le stelle

In queste sere siete anche voi col naso all'insù per guardare le stelle cadenti? Io sì, e siccome mi piace osservare le costellazioni, ma non me le ricordo mai molto bene, vi segnalo alcune app che potrebbero rivelarsi molto utili per un ripasso o per andare alla scoperta della volta celeste:

Stellarium è un software gratuito per Windows,  Mac e Linux.
Si tratta di un vero e proprio planetario, molto realistico, che vi mostra sullo schermo del computer tutto il cielo, le costellazioni e i pianeti. Offre molte personalizzazioni per la visualizzazione.
Sito di riferimento: www.stellarium.org/it/

Night Sky è un'app a pagamento disponibile in diverse versioni: per iPhone, iPod, iPad e Android. Utile per visualizzare la mappa del cielo, ha un'utile funzione di localizzazione che permette di allinearla direttamente con la volta celeste.
Sito di riferimento: www.icandiapps.com

Un altro modo per visualizzare stelle, pianeti e nebulose è Google Sky, che si può esplorare sul proprio browser oppure tramite Google Earth. Contiene mappe stellari e bellissime immagini realizzate dal telescopio Hubble e da altri telescopi.
Sito di riferimento: www.google.com/intl/it/sky/
Simili a Google Sky sono i servizi Google Moon e Google Mars.

Non sono gli unici strumenti disponibili, io li ho provati e mi sembrano ben fatti ma se cercate in rete troverete molte altre possibilità di esplorazione. Se ne conoscete altri segnalateli nei commenti.
Vi ricordo anche che la serata in cui si vedranno più stelle cadenti è quella tra il 12 e il 13 agosto, quindi continuate a scrutare.

mercoledì 1 agosto 2012

Review: La scossa


La scossa
La scossa by Leonardo Tondelli

My rating: 4 of 5 stars



Avevo già seguito gli articoli sul terremoto sul suo blog e li avevo trovati molto interessanti, ma interessanti non rende l'idea, come si dice quando si pensa allo stesso tempo "hai ragione" e "grazie di farci sapere come vanno le cose lì" e "vorrei essere lì per darvi una mano"?
Li avevo già diffusi su tutti i social network che conosco, e adesso non posso che consigliare a tutti questo ebook, se non altro perché L'INTERO COMPENSO DELL'AUTORE VERRÀ DEVOLUTO PER LA RICOSTRUZIONE DI CAVEZZO.



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giovedì 26 luglio 2012

I nostri nonni han viaggiato più di noi

O almeno, per me è così, me ne sono resa conto l'altro giorno, mentre mia madre riordinava le vecchie foto di famiglia. Mi è capitato tra le mani un documento dell'esercito con i dati del mio nonno materno Beniamino, dal quale ho scoperto diverse cose che ignoravo, ad esempio:
  • mio nonno aveva partecipato alla guerra d'Etiopia, si era imbarcato a Napoli ed era sbarcato a Massaua nel 1936, ed era rientrato l'anno seguente;
  • durante la seconda guerra mondiale combatté in Yugoslavia, guadagnandosi una croce al merito;
  • sbandato dopo l'8 settembre 1943, fece ritorno al paese
  • (qui mi affido a vaghi ricordi familiari) gli dissero che i tedeschi lo cercavano, si nascose in mezzo al granoturco ma non riuscì a sfuggire all'arresto; fu deportato in Germania da dove fece rientro non si sa bene quando.
L'altro mio nonno, Aquilino, era stato a lavorare in Camerun come muratore. Una mia bisnonna dal lato paterno conosceva le chiese di Roma come le sue tasche, perché era stata a servizio da giovane presso una famiglia romana. 

Provo a immaginarmi come deve essere stato per loro andare così lontano dai loro paesi: non sapevano le lingue, avevano al massimo la terza elementare, non avevano il telefono, potevano scrivere solo qualche lettera a casa.

Mi colpisce il fatto che io sono venuta a saperlo molto tempo dopo la loro scomparsa, perché loro non ne parlavano mai, non se ne vantavano, non avevano diapositive da mostrare, come facciamo noi con le foto delle vacanze. Eppure sono partiti e sono tornati. Per questo dico che han viaggiato più di me, perché alla distanza geografica si aggiungeva quella linguistica e culturale, se ci penso io in confronto a loro mi sento solo una turista.

domenica 22 luglio 2012

Cassa integrazione e formazione

Venerdì scorso ho completato il secondo dei due corsi a cui ho partecipato in questi mesi presso lo IAL di Udine. Insieme alla contentezza di aver portato a termine i corsi, provo anche soddisfazione per come si sono svolti e per il supporto che ci ha dato lo IAL.
Si tratta di corsi di riqualificazione la cui frequenza è obbligatoria per avere la cassa integrazione in deroga, e che inizialmente ci erano stati prospettati come una cosa da prendere un po' come viene, adattandoci ai temi proposti dagli enti di formazione anche se non molto rilevanti per noi.
Invece quando sono andata a informarmi presso la sede dello IAL ho trovato una grande disponibilità a creare un percorso che fosse un'occasione di vera riqualificazione, e così insieme ad alcune colleghe ho potuto seguire i corsi per la gestione vendite all'estero e il web marketing.
Avrei potuto scegliere altri enti di formazione più vicini a casa, che però non offrivano questo tipo di formazione e così ho preferito un piccolo spostamento in più per poter frequentare i corsi per me davvero interessanti. Scrivo questo post per chi si trova in una situazione simile: secondo me non si deve scegliere il primo corso che capita solo perché più comodo, non perdete l'occasione per una vera riqualificazione.
Il web marketing in particolare mi ha davvero appassionata, perché utilizzo internet da più di dodici anni, e fin dall'inizio ho apprezzato le possibilità di comunicazione e condivisione che offre. Il corso era incentrato soprattutto sul Google marketing, sulla visibilità naturale e a pagamento dei siti, ma penso che continuerò ad approfondire questo argomento anche sul lato dei social network.
La mia speranza è di trovare nuovi sbocchi professionali in questo ambito, non sarà facile ma visto che ci hanno prospettato altri 12 mesi di cassa integrazione straordinaria penso che valga la pena provarci.

lunedì 9 luglio 2012

Review: Le braci


Le braci
Le braci by Sándor Márai

My rating: 5 of 5 stars



I sentimenti più forti che l'animo umano possa provare ci sono tutti: amore, amicizia, gelosia. Anche se sono raccontati in maniera quasi distaccata, dal protagonista ormai anziano che li ha vissuti tanti anni prima, la loro eco non si è del tutto spenta, come le braci del camino che illumina la stanza in cui egli rivede l'amico di un tempo, dopo oltre quarantun anni dal loro ultimo incontro.
La tecnica del flashback, cioè del far narrare la vicenda al protagonista molti anni dopo che è accaduta, se inizialmente mi ha dato una sensazione di distacco, pian piano mi ha coinvolta sempre più. La nostalgia per un mondo ormai tramontato, quello dell'impero asburgico, pervade tutto il libro e mi ha ricordato le opere dell'austriaco Joseph Roth.
«Tutto ciò a cui giurammo fedeltà non esiste più» dice l'ospite gravemente, e solleva a sua volta il bicchiere. «Sono tutti morti, oppure se ne sono andati, hanno rinunciato a tutto quello che giurammo di difendere. Esisteva un mondo per il quale valeva la pena di vivere e di morire. Quel mondo è morto. Quello nuovo non fa più per me. E tutto ciò che posso dire».
«Per me quel mondo è sempre vivo, anche se non esiste più nella realtà. E vivo perché gli ho giurato fedeltà. E' tutto ciò che posso dire».
«Sì, tu sei rimasto un vero soldato» risponde Konrad.




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domenica 24 giugno 2012

Review: La vita istruzioni per l'uso


La vita istruzioni per l'uso
La vita istruzioni per l'uso by Georges Perec

My rating: 4 of 5 stars



Sono ancora leggermente sopraffatta dalla mole di questo libro e dal suo carico di storie, descrizioni, dettagli. E' davvero incredibile in modo in cui Perec accompagna il lettore dentro il piccolo universo del n. 11 di rue Simon-Crubellier, lo fa accomodare in tutte le stanze, gliene descrive i piccoli particolari apparentemente insignificanti, gli racconta le storie di ciascuno degli inquilini, ognuna a modo suo affascinante, e ad ogni nuova storia ci si ritrova a sbirciare le pagine per vedere come va a finire. Questo libro può essere molte cose, per me è stato una specie di moderna Mille e una notte.



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